sabato 5 settembre 2009

11. Gli Ebrei

Secondo la Bibbia, gli ebrei sono originari di Ur, l’ultima città importante di Sumer. Essa è caduta per mano degli elamiti (2004), ma si rialza, per nulla rassegnata a morire. Adesso diverse potenze lottano per l’egemonia in Mesopotamia. Si tratta di alcune popolazioni tribali (elamiti e amorrei) e alcune città (Isin, Larsa, Eshunna, Assur, Mari, Babilonia). Per Ur inizia una lenta agonia, che si protrae per oltre due secoli e durante la quale essa passa da una dominazione all’altra e da una guerra all’altra.
Per gli uriti la vita non è facile e chi può si allontana in cerca di fortuna. I più favoriti in tal senso sono i pastori, i quali sono abituati a portare le greggi al pascolo e non a coltivare la terra. Uno di questi è Terach, padre di Abramo e capo di un numeroso clan (200-400 membri), alla guida del quale si muove alla ricerca di un luogo migliore. Non si sa se è diretto verso la terra di Canaan, ma è probabile che non sia questa la sua meta, perché percorre una via che lo porta piuttosto a nord della Mesopotamia, verso la città di Carran, dove decide di fermarsi. Alla morte di Terach il comando passa nelle mani di Abramo, il quale non è soddisfatto della situazione che ha trovato a Carrai.
Tutta la Mesopotamia è una polveriera, tutte le città si combattono fra loro: meglio cercare una nuova sede. Questa volta Abramo si dirige vero la terra di Canaan, che è solo una regione di transito e non sede di grandi città. Il viaggio è difficile e Abramo sente il bisogno di rassicurare la sua gente affermando che il loro dio gli ha promesso che tutto andrà nel migliore dei modi (Gn 12,2-3). Questa Promessa rimarrà impressa nella memoria di quella gente. Abramo inaugura il Periodo dei Patriarchi (1800-1180).
Purtroppo, nemmeno Canaan si rivela un luogo sicuro e le popolazioni locali non mostrano alcuna intenzione di far posto ai nuovi venuti. Così, Abramo e i suoi uomini devono accomodarsi nell’area semidesertica del Negev, ricettacolo di gente che vuole nascondersi, banditi, criminali, fuoriusciti, noti col nome di habiru. La vita dei pastori nomadi è dura e in controtendenza, in un periodo in cui si preferisce la residenza stanziale, ma molti habiru finiscono per idealizzare quella vita. Per gli abitanti del Negev si apre un lungo di periodo di silenzio (1750-1250), durante il quale essi sembrano scomparire dalla storia. Sappiamo però che un gruppo di habiru approfittano del passaggio degli Hyksos (1730) per mettersi al loro seguito alla volta dell’Egitto, che viene conquistato (1730-1560). È un periodo felice per gli habiru in terra egiziana, che però non dimenticano le loro origini e i loro fratelli che sono rimasti nel Negev e presso l’oasi di Cades. A partire dal 1460, quando Canaan viene sottomessa dall’Egitto, fra gli habiru d’Egitto e quelli del Negev c’è possibilità di libero scambio e forse molti cominciano a lasciare il deserto.
Nel 1350 il faraone Akhenaton si fa protagonista di un’ambiziosa riforma religiosa, che è centrata sull’unico dio Athon. Alla morte del suo fondatore, il monoteismo di Akhenaton viene dichiarato fuorilegge, ma non sono rari coloro che ancora continuano a credervi, e fra questi il principe Thutmose (Mosè) e molti habiru. Scoperto, Mosè guida gli habiru fuori dall’Egitto (1250) e si rifugia nel Sinai, dove può congiungersi con i compagni del Negev. Il Sinai è una regione semidesertica e la vita è tanto dura da scatenare le proteste degli habiru. Mosè fa fatica a controllare la situazione, ma, un giorno incontra Jahve, un dio della montagna, il quale gli rinnova la Promessa che già aveva fatto ad Abramo: se osserverete i miei comandamenti, supererete ogni difficoltà e potrete vivere felici.
Dopo il passaggio dei popoli del mare e la fondazione delle città-stato filistee, la terra di Canaan appare frammentata in una serie di principati, mentre gli ebrei sono suddivisi in tribù, accomunate dal culto di Jahve, ma separate geograficamente dalla presenza di enclaves cananee. Nell’XI secolo i filistei soggiogano gli ebrei, che reagiscono unendosi sotto il comando del re Saul e maturando una coscienza nazionale: da questo momento, il loro vecchio appellativo di habiru diventa il nome di un popolo, gli Ebrei. Gli ebrei conquistano l’indipendenza col re Davide, il quale fonda un impero effimero, che si frantumerà in tre principali regni (Giuda, Israele e Damasco), equivalenti per forza. Essi convivono fra guerre e tentativi di stringere relazioni amichevoli ed alleanze, fino all’arrivo degli assiri, le cui guerre di espansione iniziano intorno al 930.
Gli Ebrei di Giuda traggono la loro unità, la loro forza e la loro volontà di lottare ad una particolare concezione religiosa, che finirà per contraddistinguerli: il loro dio, Jahve, è il più potente fra tutti gli dèi e, in quanto tale, è garanzia di vittoria. Ma ad una condizione: che gli ebrei lo riconoscano come unico loro dio ed espellano dalle loro terre le divinità di tutti gli altri popoli.
Intanto i filistei vengono sottomessi dagli assiri (734), che sono in fase di espansione. Nel tentativo di arrestare l’imperialismo assiro, Damasco e Israele si alleano e cercano di coinvolgere anche il re di Giuda, Acaz, ma, di fronte al suo rifiuto, decidono di muovergli contro e costringerlo con la forza. A questo punto, Acaz chiama in aiuto gli assiri che, guidati da Tiglatpileser, sia pur con fatica, sottomettono Israele (721) e ne deportano la popolazione. Giuda è soddisfatto e ringrazia il suo dio, ma ha poco da gioire. Anch’esso, infatti, entra nell’orbita assira ed è costretto a pagare un tributo talmente gravoso da incidere sulla sua economia e avviarla ad un lento declino, anche sul piano morale. Per di più. intorno al 700, oltre alla piaga assira, la Terra di Canaan deve sopportare le devastazioni e i saccheggi perpetrate da due popolazioni barbare provenienti dalla steppa euroasiatica: i Cimmeri e gli Sciti. La situazione è davvero critica, ma Giuda trova la forza per risollevarsi, anche approfittando del fatto che la potenza assira entra in una fase di rapido declino e viene abbattuta (612).
Adesso la potenza emergente è Babilonia e Giuda è costretto ad entrare nella sua orbita. Si ribella, ma viene conquistata (587). Il re, le famiglie aristocratiche e gli artigiani vengono deportati in Babilonia. È l’inizio dell’esilio e la fine di un sogno. Poi arriva il re persiano Ciro, il quale conquista Babilonia e concede agli ebrei di ritornare in patria e ricostruire il tempio (539). Inizia così il cosiddetto “periodo persiano, che sarà per gli ebrei uno dei periodi migliori. Il tempio viene ricostruito (516) e rappresenta il cuore della religione ebraica, anche se fuori dalla Palestina comincia ad affermarsi una religione di sinagoga, che è basata sulle sacre scritture e sulla Legge.

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